“Ci siamo opposti per primi sin dall’inizio e continueremo a farlo per proteggere il nostro territorio, l’agricoltura e le eccellenze enogastronomiche che rappresentano la nostra distintività e naturalmente per tutelare la salute dei cittadini contro una decisione inaccettabile”. Così la presidente di Coldiretti Viterbo, Maria Beatrice Ranucci, sull’individuazione da parte del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di 21 su 51 aree a livello nazionale tutte nella Tuscia che verrebbe trasformata in un deposito di scorie nucleari.
“In merito abbiamo ricevuto rassicurazioni anche dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca – prosegue Ranucci – che come ha più volte ribadito metterà in atto tutte le azioni in suo potere per scongiurare questo pericolo nella Tuscia. Auspichiamo vivamente, inoltre, che nessun sindaco dia disponibilità ad ospitare nel proprio comune uno dei depositi di scorie radioattive previsti”.
Una scelta dannosa per l’agricoltura e non solo. “Un territorio, quello della Tuscia, che ha già pagato un prezzo altissimo – aggiunge Ranucci - e che ospita le maggiori produzioni di pregio con denominazione di origine e indicazione geografica e ha una forte vocazione turistica, oltre ad essere un territorio ricco di storia e siti culturali. Non accetteremo mai che si continui a deturpare la nostra terra, già sfregiata da installazioni selvagge di pannelli solari e pale eoliche, che sottraggono suolo agricolo produttivo”.
A rischio le numerose produzioni di pregio tra le quali la nocciola romana Dop, l’Olio extravergine di Olivia Tuscia Dop, i vini Doc Colli Etruschi Viterbesi ed Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, la lenticchia di Onano Igp e l’asparago verde di Canino Igp.
“La scelta di individuare 21 siti destinati ad ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari compromette la vocazione turistica ed agricola – spiega il direttore di Coldiretti Viterbo, Andrea Marconi - di un territorio così ricco di tradizione, storia e cultura e minacciato dalle fonti di energia rinnovabile che sottraggono terreno fertile e a riguardo proponiamo, infatti, la loro installazione sui tetti dei capannoni. Senza tralasciare proprio il problema legato al consumo di suolo che nella Tuscia ha già raggiunto oltre 16.600 ettari. Continueremo a batterci per fermare questo scempio”.